“Torni quando avrà perso 50 kg almeno”.

Sovente questo è quello che viene detto ai pazienti obesi prima di essere sottoposti ad un intervento di sostituzione protesica dell’anca o del ginocchio.

Si tratta di situazioni difficili da affrontare sopratutto quando il paziente abbia già provato a perdere peso con scarso successo. Inoltre spesso il dolore, associato alla patologia, ne compromette la capacità di esercizio con conseguente diminuzione dell’attività fisica ed incremento del peso.

Il più delle volte questi pazienti non verranno mai operati.

La domanda che mi sento fare dalla maggior parte dei miei pazienti è per quale motivo sia stato loro detto che l’obesità rappresenti una preclusione all’intervento chirurgico, se la riduzione di peso sia una condizione necessaria all’intervento e quanto tempo debba passare tra un intervento di chirurgia bariatrica e un intervento di chirurgia protesica.

Cominciamo con il dire che l’obesità rappresenta un fattore di alto rischio per lo sviluppo di artrosi articolare.

Sebbene l’artrosi abbia un’origine multifattoriale l’obesità rappresenta tra tutti il principale fattore di rischio, modificabile.

È intuitivo dal punto di vista biomeccanico capire come l’obesità determini un incremento delle forze di carico a livello di un’articolazione causando un’usura e una lesione delle cartilagini articolari, soprattutto in presenza di anomali posturali. Inoltre può attivare processi infiammatori responsabili della progressione del danno articolare e della percezione del dolore. Sebbene infatti l’artrosi venga definita come un processo degenerativo e non infiammatorio dell’articolazione, tuttavia è sempre presente una componente infiammatoria. L’obesità si caratterizza infatti per la presenza di una secrezione di citochine proinfiammatorie responsabili di un processo infiammatorio cronico di basso grado che può contribuire all’evoluzione del processo degenerativo. Ecco spiegato pertanto il motivo per cui negli obesi l’indicazione ad un intervento di sostituzione protesica venga posta dieci anni prima rispetto ad una paziente della stessa età non obeso.

L’obesità si associa inoltre a diversi altri fattori di comorbilità che possono avere un effetto negativo sui risultati di un intervento chirurgico di artroprotesi e associarsi ad altri rischi sia dal punto di vista medico che anestesiologico.

Diabete, Sindromi da apnea notturna, patologie cardiopolmonari sono tutte frequentemente associate all’obesità e aumentano in maniera significativa il rischio di complicazioni generali.

Il diabete rappresenta il maggiore fattore di rischio in un intervento di artroplastica con una percentuale di reintervento a dieci anni del 74-85% e del 5-9% di rischio di infezione.

Le sindromi da apnea notturna a loro volta possono porre diversi problemi nel post-operatorio, aumentando  il rischio di pericolosi episodi di apnea, portando all’ipossia, specialmente in caso di anestesie generali  e uso di oppiodi nel periodo perioperatorio. Questo è il motivo per cui, al di là della problematica ortopedica di natura tecnica, insisto sempre su una adeguata valutazione anestesiologica ed internistica preoperatoria del paziente, tale da ridurre al minimo i rischi per e post-operatori non propriamente ortopedici ma legati alla situazione clinica generale del paziente.

Tutti i miei pazienti vengono sottoposti a uno STOP-BANG screening volto a identificare i diversi fattori di rischio per l’intervento chirurgico di artroprotesi.

 

– snorring, russamento

T – Tired, stanchezza

O – Observed apnea, episodi notturni di apnea

P – Pressione del sangue elevata

– BMI superiore a 35 Kg/m2

– Age, età superiore a 50 anni

– Neck, circonferenza del collo superiore a 40,6 cm.

– sesso maschile

 

È chiaro quindi perché  preferisco operare i miei pazienti con blocchi anestetici periferici praticando un’anestesia sicura.

Apparentemente la riduzione del peso sembrerebbe in rapporto ad una riduzione del rischio di complicanze chirurgiche, ma in realtà non sembrerebbe esserci una differenza statisticamente significativa in termini di complicanze infettive superficiali, profonde, trombosi venose e revisioni chirurgiche.

Non solo quindi l’obesità sembrerebbe associarsi ad un aumentato rischio di infezioni ma addirittura risulterebbe più elevato il rischio di fallimento di un secondo reintervento (rischio del 22% rispetto al 4% dei pazienti non obesi), soprattutto nella chirurgia di ginocchio.

Nell’ambito poi della chirurgia dell’anca sembrerebbe più elevato rispetto alla chirurgia del ginocchio il rischio di una mobilizzazione protesica per problemi legati ad un aumento delle forze laterali dovute all’azione dei tessuti molli. Da qui la necessità di utilizzare protesi ad hoc.

In relazione poi al tempo da aspettare tra un intervento di chirurgia bariatrica e una sostituzione protesica articolare in realtà non esiste un intervallo di tempo definito .

Solitamente ci vogliono circa 1-2 anni per ottenere la maggior parte di perdita di peso.

Io sono solito aspettare almeno un anno prima di intervenire chirurgicamente perché  teoricamente  un aumento dell’intervallo di tempo tra chirurgia bariatrica e artroplastica  potrebbe incrementare i benefici metabolici e muscoloscheletrici della chirurgia bariatrica.

Capita infatti che in alcuni  pazienti con artrosi non in stadio avanzato la sintomatologia migliori allontanando la necessità di un intervento di artroprotesi.

Tuttavia oggi all’intervento di artroprotesi preferisco tecniche alternative, meno invasive, sicure e riproducibili, specialmente nella chirurgia del ginocchio, quali la ricostruzione delle cartilagini articolari; la realizzo mediante interventi di mosaicoplastica o di ricostruzione biologica con trapianto di cartilagine autologa coltivata. L’intervento non ha limitazioni d’età ed è indicato anche nei casi di artrosi di quarto grado.

Si tratta inoltre di interventi eseguibili anche in regime ambulatoriale e in artroscopia con migliore comfort del paziente e minore morbilità post-chirurgica; a seconda della presenza poi di deviazioni assiali rotulee associo interventi di patelloplastica riduttiva.

La risoluzione della sintomatologia è totale nel 99% dei pazienti con ripresa del carico a circa un mese dall’intervento.

Nei pazienti con coxartrosi preferisco il trattamento con cellule mesenchimali adipose o interventi di protesizzazione con monoblocchi acetabolari in ceramica e teste femorali grandi.

La chirurgia protesica, qualora s’imponga, sia dell’anca che del ginocchio, in relazione al rischio elevato di trombosi venose di questi pazienti, viene eseguita secondo le tecniche  fast-track con mobilizzazione precoce nelle quattro ore successive all’intervento e inizio della riabilitazione motoria in giornata zero. La dimissione, a differenza della chirurgia elettiva fast track, avviene di norma in terza, quarta giornata una volta stabilizzati i parametri generali del paziente.

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