Cellule staminali

Le cellule staminali sono oramai utilizzate da diversi anni in medicina; in differenti paesi vengono utilizzate per il trattamento dell’artrosi, di tendiniti, o di lesioni muscolari e legamentose. Gli studi più recenti dimostrano un certo potenziale nella rigenerazione dei tessuti e un’azione di controllo importante dei fenomeni di infiammazione. Lesioni osteoarticolari, difetti ossei e cartilaginei di ginocchio, caviglia, anca sono frequenti e necessitano sovente dell’impianto di una protesi. Questi interventi tuttavia, in alcuni casi, possono associarsi a risultati incompleti in termini di benessere clinico, presentare complicanze meccaniche o segni di usura a lungo termine con la necessita di una revisione chirurgica. Alcune protesi hanno una durata di vita relativamente più corta rispetto ad altre e la loro revisione può risultare problematica in alcuni casi; per tali motivi spesso lo specialista ortopedico ricorre a questa alternativa il più tardi possibile, tranne nei casi che tale procedura resti la sola opzione terapeutica proponibile. L’osteortrosi del ginocchio è una della patologie osteoarticolari croniche maggiormente responsabili di invalidità nella popolazione attiva; spesso il processo degenerativo inizia con delle lesioni cartilaginee sulla superficie portante dei condili femorali, dopo un traumatismo o delle lesioni meniscali. Purtroppo la cartilagine articolare presenta una capacità di guarigione molto limitata poiché non è in grado dì autorigenerarsi. In realtà i difetti cartilaginei articolari hanno un potenziale di autoriparazione, ma molto debole  a causa della capacità miotica ridotta dei condrociti in vivo. Tuttavia tali difetti cartilaginei andrebbero riparati per evitare la progressione verso l’artrosi.

Da  più  di  venti anni sono stati studiati differenti metodi di trapianto di cellule staminali per permettere la formazione spontanea di cartilagine ialina naturale, con delle prospettive terapeutiche promettenti. Recentemente all’American Academy of Orthopaedic Surgeons (AAOS) sono stati riportati risultati spettacolari di ricostruzione della cartilagine ialina con cellule staminali allogeniche che progressivamente nel tempo sparivano e venivano rimpiazzate dalle cellule cartilaginee del paziente.

Tuttavia queste metodiche presentavano dei limiti intrinseci che ne impedivano un uso in larga scala; i trapianti allogenici necessitavano di una selezione dei donatori e di un sistema di prelievo efficace.

Oggi la rigenerazione della cartilagine dell’osso a partire dalle cellule staminali risulta una metodica semplice e priva di rischi, si realizza  in una sola tappa, rappresenta  un approccio sicuro e i risultati sono molto  incoraggianti (assenza  di dolore nel 98% dei pazienti che soffrono d’artrosi di 4 grado a 5 anni dall’infiltrazione).

Le cellule possono essere prelevate dal midollo osseo autologo aspirato a livello della cresta iliaca del bacino o dal tessuto adiposo dell’addome per lipoaspirazione del grasso addominale; quest’ultima metodica risulta meno invasiva e preferibile nei pazienti anziani .

L’intervento viene realizzato in un ambiente protetto, autorizzato, per ragioni di sterilità e sicurezza, in anestesia locale.

Una volta eseguito il prelievo, il tessuto viene sottoposto nella stessa seduta ad una filtrazione volta a separare ed isolare le cellule staminali dal restante materiale .

Ottenuti circa 15 cc di materiale si procede all’infiltrazione dell’articolazione interessata (ginocchio, anca ecc.) al pari di una normale infiltrazione articolare.

L’intervento dura circa un’ora e alla fine il paziente può camminare e riprendere la sua vita normale. I risultati, il più delle volte immediati, necessitano di circa otto mesi per stabilizzarsi.

Il numero di trattamenti dipende dalla natura della lesione sottostante. In linea generale un solo trattamento é sufficiente; eccezionalmente nei casi  di una lesione articolare più grave potrebbero essere necessari più   trattamenti, in genere distanziati di sei mesi o più, in base alla sintomatologia lamentata dal paziente .

Indicazioni terapeutiche più comuni :

• gonartrosi

• coxartrosi

• omartrosi

• rizoartrosi

• artrosi articolazioni del piede

• lesioni paziali del LCA e LCP

• lesioni muscolari

CELLULE STAMINALI E PATELLOPLASTICA

È una metodica che utilizzo sempre più spesso nei pazienti con gonartrosi associata a varismo di ginocchio e sindrome femoro-rotulea.

Si tratti di pazienti che si rivolgono a me per il problema del dolore alle ginocchia associato ad una limitazione funzionale in flessione (non riescono a piegare completamente il/le ginocchia).

In questi casi la patogenesi della patologia è duplice: un’artrosi femoro-tibiale associata ad un’artrosi femoro-rotulea in pazienti con deformità in varo delle ginocchia.

L’artrosi femoro-tibiale è responsabile di una sintomatologia dolorosa del ginocchio che si manifesta principalmente “a freddo”, all’inizio dell’attività motoria e che tende progressivamente a migliorare con il movimento; si tratta di una patologia che risponde molto bene all’infiltrazione con cellule staminali.

L’artrosi femoro-rotulea, invece,  essendo associata alla deviazione assiale delle  ginocchia, è responsabile di un dolore che tende  a manifestarsi principalmente nei movimenti di flessione del ginocchio, quando la rotula invece di scivolare sulla troclea femorale tende a sublussarsi lateralmente urtando e comprimendo il condilo femorale laterale.

Un intervento di infiltrazioni con cellule staminali adipose permetterà di ottenere un miglioramento della sintomatologia dolorosa legata all’artrosi femoro-tibiale ma in misura minore a carico dell’articolazione femoro-rotulea, soprattutto in tutte quelle attività che richiedono una flessione del ginocchio. Ciò è dovuto ad una anomalia meccanica  di funzionamento dell’apparato estensore delle ginocchia, in parte congenita (a causa delle sue ginocchia vare) e in parte acquisita (per la comparsa di fenomeni artrosici); tale anomalia comporta, durante i movimenti di flessione del ginocchio, sul piano frontale , uno spostamento esterno della rotula con  sub-lussazione e, su quello sagittale, un difetto di progressione della rotula sulla troclea. Praticamente durante i movimenti di flessione del ginocchio la  rotula si sposta lateralmente, sublussandosi.   Questo tracking alterato della rotula, determina con il tempo una condizione di attrito tra la stessa rotula, la troclea femorale e il suo condilo femorale esterno con conseguente consumo della faccetta articolare laterale della rotula, del condilo femorale laterale,  infiammazione della cartilagine e conseguente condrite e dolore anteriore al ginocchio.

La patologia si instaura progressivamente nel tempo favorita da una deviazione congenita  in varo delle ginocchia che causa l’evoluzione artrosica delle articolazioni con un accorciamento e un irrigidimento delle strutture legamentose rotulee responsabili a loro volta di un eccessivo  basculamento laterale della rotula e di quel tracking alterato di cui abbiamo già parlato.

In questi casi un intervento di patelloplastica modellante potrà permettere un notevole miglioramento sintomatologico e funzionale.

Il concetto che sta alla base della patelloplastica modellante è quello di cercare di realizzare un allungamento dell’apparato legamentoso rotuleo mediante una riduzione del volume della rotula.

La riduzione del volume osseo eccedente viene realizzata mediante una resezione ossea in alto, in basso, medialmente e lateralmente; ciò permette di recuperare in parte la lunghezza dei legamenti alari, del legamento rotuleo e quadricipitale con conseguente diminuzione delle tensioni dolorose.

La riduzione del volume patellare determina infatti un rilasciamento dei  legamenti che la fissano con diminuzione dei vincoli e restituzione della mobilità.

Il carico é concesso già dal post-operatorio con l’ausilio dei bastoni.

Nei primi sette giorni, nell’attesa di ottenere una risoluzione dei processi flogistici legati all’atto chirurgico al paziente viene consentito il carico, camminare ed eseguire esercizi di mobilizzazione attiva del ginocchio in flessione fino a 60 gradi o oltre in base al dolore. Successivamente potrà iniziare un ciclo di trattamento fìsiochinesiterapico comprendente la massoterapia del quadricipite e le stimolazioni elettriche del vasto mediale obliquo.